Venezia, 1783. Le luci dorate del salone riflettevano sui vetri dei lampadari di Murano. Le dame ridevano, i cavalieri sussurravano giochi d’onore… e di seduzione. Ma lei, la contessa E., sedeva composta, il volto appena nascosto dietro un ventaglio di seta color smeraldo.
Quel ventaglio non era un semplice accessorio. Ogni movimento era un linguaggio. Un’apertura lenta? Curiosità. Un tocco sul labbro inferiore? Interesse. Un battito veloce? Desiderio.
Lui lo sapeva. Il conte francese dagli occhi grigi e il sorriso sfacciato. L’aveva osservata per settimane. Non servivano parole: bastava il gioco del ventaglio, quel codice segreto imparato nei salotti di Parigi.
Quella sera, il ventaglio si chiuse lentamente. Poi, un tocco leggero al décolleté. E infine, lo sguardo: profondo, diretto, senza esitazioni.
Nel silenzio dorato di una sala privata, circondati da broccati e profumi intensi, le mani di lui scivolarono tra i lacci, tra i veli, tra i sospiri. Non c’erano parole, solo un ventaglio caduto sul pavimento, testimone muto di un desiderio finalmente svelato.
Il giorno dopo, il ventaglio fu ripiegato con cura. Ma tra le sue pieghe, c’era ancora il profumo di una notte indimenticabile.
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